A che prezzo

Articolo pubblicato su “Living is Life” del novembre 2011 

Certe aziende hanno incrementato le vendite talmente tanto da perdere un sacco di soldi.
Il paradosso c’è, si vede ed era pure prevedibile, se parliamo di imprese che commettono la madre di tutte le imprudenze: impegnarsi nella concorrenza basata esclusivamente sul prezzo.
Eppure, da sempre il marketing indica tutt’altra strada: quando si mette in vendita un prodotto o un servizio, si avrà fortuna solo se le decisioni su prodotto, prezzo, rete di vendita e comunicazione saranno state coerenti con le esigenze e i gusti dei consumatori.
Se così non fosse, sarebbe inspiegabile il successo, che perdura perfino in periodo di crisi, di prodotti molto costosi e ad altissima remunerazione per chi li produce.
Ovvio, il prezzo è la leva più facile da utilizzare per migliorare le vendite: maggiore è lo sconto, più il consumatore è indotto ad acquistare.
Però negli ultimi anni un management miope ha utilizzato il prezzo basso come principale arma per ottenere risultati di fatturato.

La grande distribuzione, cioè i super e gli iper mercati, ha fondato l’intera politica di marketing su offerte e promozioni.
Non occorre andare a scomodare teorie manageriali, per capire che la scelta di puntare alla competizione sul “quanto costa” è controproducente.
L’obiettivo economico di un’azienda è conseguire un utile: abbassare sempre più il prezzo per essere concorrenziali, riduce i margini di guadagno e presto porta l’azienda a perdere.
Non è nemmeno l’unico aspetto negativo della politica aggressiva di sconti e offerte, dannosa per le aziende e anche per il consumatore.
Le promozioni non hanno l’effetto di aumentare i consumi totali, ma solo quelli a basso margine di guadagno.
Il problema è che il consumatore non ha risorse infinite: ciò che ha speso per prodotti meno convenienti per l’azienda non potrà più spenderlo per quelli maggiormente remunerativi, per il semplice motivo che ha finito i soldi.
Inoltre, una quantità imprevedibile di vendite crea inefficienze nei servizi ai clienti, per esempio nel rifornimento delle merci.

L’offerta più detestata da chi ama il marketing si chiama “sottocosto”: promette al consumatore la vendita di prodotti a prezzo inferiore al costo che l’azienda ha dovuto sostenere per acquistarli.
Praticato solo su alcuni articoli, dovrebbe servire ad attirare i consumatori nel punto vendita per invogliarli ad acquistare anche altri prodotti, a prezzo pieno, guadagnando così sulla media degli articoli.
Espressi i dubbi sul fatto che questo meccanismo funzioni e quanto, c’è un’altra considerazione da fare: le aziende che esaltano il “sottocosto” comunicano ai consumatori che devono sceglierle non perché le giudicano affidabili nella selezione dei prodotti o nella loro valorizzazione, ma solo perché li vendono a prezzo più basso rispetto a quanto sono costati.
Dunque, confessano un’evidente incapacità di creare valore con la propria attività, al punto che ormai non stupirebbe se il prossimo passo di non-marketing di quelle aziende sarà pagare i clienti affinché portino via i prodotti.

Il consumatore potrebbe pensare che questi sono problemi delle società produttrici o commerciali, ma che lui comunque ci guadagna.
Non è così: a lungo andare, i prezzi bassi impongono la riduzione della qualità, inoltre le offerte aggressive portano i clienti ad acquistare prodotti non necessari o in quantità eccessive, annullando così i vantaggi di prezzo.
Nell’alimentare, una delle principali voci dello spreco di ogni famiglia è definita “eccesso di acquisto per offerte speciali”, che incide intorno al 25 per cento dello spreco annuo (dati Adoc).

Un altro capitolo della corsa al prezzo basso riguarda i saldi.
Anche in questo caso, i vantaggi portati da un incasso importante che fa diminuire le scorte sono in parte annullati dal comportamento dei consumatori: ormai sanno che arriveranno i ribassi, quindi prima dei saldi acquistano solo l’indispensabile.
Sarebbe ragionevole aprire la stagione delle promozioni più tardi rispetto a ora, invece si fa il contrario, amplificando l’errore: si sta andando verso un’ulteriore anticipazione dei saldi a prima di Natale.
Si è insegnata al consumatore una mentalità opportunistica, a scapito delle più intelligenti considerazioni sul rapporto qualità-prezzo di un prodotto.
Esistono però, esistono ancora, aziende molto ben condotte che si sforzano di valorizzare la propria offerta, resistendo alla scorciatoia dell’abbassamento del prezzo.
A dare un forte contributo nella risalita dalla crisi, quando arriverà, saranno proprio loro.

Articolo pubblicato su “Living is Life” del novembre 2011